Monday 12 July 2010
20:42 | Posted by
Christian
Mi sveglio alle 7.30 circa, Enzo già si sa preparando lo zaino. Io ho un po’ di mal di testa, che mi accompagnerà fino alla notte, che attribuisco alla fine, a un po’ d’insolazione che ho preso ieri. Enzo decide di partire subito perché vuole tentare di fare due tappe insieme, circa un 43km. Io non me la sento, e non fa parte della mia filosofia di viaggio. Io il cammino lo voglio vivere. La moderna società ci imprime continuamente una corsa, vuole darci ritmi sempre più veloci, un esempio della nostra era sono i fast food (cibi veloci). Non abbiamo neanche il tempo di sederci, e di gustare il cibo che stiamo mangiando. Io ogni volta che mangio, voglio sentire il gusto di ciò che mangio, lo voglio assaporare, voglio essere lì. È in quel momento che io sto vivendo, è in quell’attimo, quell’attimo che può diventare infinito, quel attimo dove posso incontrare la felicità. Il guardare il cibo, i suoi colori, chiudere gli occhi e assaporare, cambiare il cibo e provare un nuovo sapore. Se io non mi soffermo nell’attimo quando mangio, finisco la colazione, il pranzo o la cena, che mi sono completamente dimenticato il gusto di ciò che ho mangiato. Questa mia filosofia, io la utilizzo in tutto il cammino della mia vita. Perciò, io il cammino non lo voglio fare di corsa, perché perderei certi particolari, e a quel punto me ne sto a casa. Io nel cammino ho la necessità d’osservare il creato, ciò che Dio ha fatto per noi uomini, e rimango ogni giorno sempre più entusiasta. Il cammino ha inizio, e passo la prima ora recitando in silenzio il rosario. Sono molto contento, perché non ho mai tempo di recitarlo, e quando cammino lo trovo più semplice, posso farne tanti. Attraverso il rosario posso dialogare di più con la Maria, esprimere i miei pensieri, e cercare di ragionarli. Posso pregare per le persone che conosco, per chi mi è antipatico, per chi non conosco e rischia di morire nel peccato mortale, per me. Il pregare per le persone che mi sono antipatiche, mi aiuta a perdonare i loro limiti, a capirli, ad accettarli. Pregare per me, mi aiuta a capire i miei limiti, a capirli ed ad accettarli. Pregare per le persone che non conosco, mi aiuta a ricordare, che adesso, in questo momento, in ogni momento, ci sono delle persone che stanno soffrendo, che stanno subendo un incidente, un lutto, un’operazione, tutto ciò mi aiuta ad apprezzare maggiormente ciò che ho, mi aiuta a stare con gli altri, a condividere emozioni tristi, ma nello stesso tempo, a trasmettere una felicità, una felicità che è alla portata di tutti. Alle 10.00 sento le campane, è domenica, la chiesa è vicina, quindi affretto il passo e alle 10.04 entro in chiesa. La messa è a metà, sicuramente è iniziata alle 9.30. È appena finita la predica. La chiesa è molto bella, ci saranno un 35 persone, sono gli abitanti di questo piccolo paesino che si chiama Bruges. In prima fila, c’è una giovane mamma con una figlia malata con la sindrome di down. La bambina avrà un’età cronologica di 8 anni, ma ha uno sviluppo mentale e i comportamenti di una bambina di 4 anni. Ogni tanto si sposta, si nota che tutti la conoscono, ha un passeggino con una bambola che coccola. Nonostante la tristezza che si potrebbe recepire, al contrario, si recepisce una grande gioia. Durante la comunione, il sacerdote s’avvicina e bacia la bambina, è come se questa bambina più che tristezza abbia portato gioia. Può sembrare a vista di alcuni, un qualcosa di non normale, soprattutto perché nessuno di noi si augura certo di avere un figlio con la sindrome di down. Questa comunità è riuscita a trasformare la tristezza in felicità, questo è un miracolo, un miracolo che è a portata di tutti, non abbiamo la necessità di avere qualche dono particolare, noi possiamo fare i miracoli. È finita la messa e mi riavvio per il cammino. Passo attraverso i boschi, a volte fuori e posso ammirare le montagne, le valli, le belle case isolate, case da fiaba. Davanti a una di queste case, c’era un cancello aperto, esce un cane di mezza taglia abbaiando, a cui non faccio molto caso ma non gli do le spalle. Subito dopo esce un altro cane nero, più grosso, e come si sa, l’unione fa la forza, si avvicina abbaiando, sbavando, tenta di mordere, e quindi per difesa, con un calcio leggero da karaté, gli colpisco sotto la bocca, per fargliela chiudere, senza fargli male, cosa che però lascia spiazzato il cane, che scappa subito dentro il cancello inseguito dall’altro cane. A quel punto chiamo il padrone della casa e gliene dico due in italiano! Il significato del cane, è, che davanti anche a un improvviso problema, non lasciate mai che vi colpiscano alle spalle, e nel momento che cercano di colpirvi, difendetevi senza paura. Se io avessi avuto paura, e gli avessi dato le spalle, il cane mi avrebbe inseguito e morso alle spalle. Bisogna sempre mostrare la faccia all’avversario, e pronti a difendersi. San Pio, diceva che bisogna pregare, per vegliare contro le tentazioni, contro il male, affinché non ci colga impreparati. Arrivo verso le 14.30 a Sant Colome, chiedo a una persona un po’ d’acqua, e mi da una bottiglia di 2 litri, fresca, (chiedi e ti sarà dato) dopo di che mangio un po’ di pecorino sardo, e via di nuovo verso Arudy. Il cammino nei boschi mi fanno aumentare di molto il cammino, sono segnalati male, ma io godo della natura, di questa pace incontaminata, della solitudine. Non s’incontra nessuno in queste strade! Verso le 17.00 arrivo a Arudy, mi reco dove c’è la chiesa, e dei signori anziani, mi dicono dov’è la casa del parroco.
La casa parrocchiale di Arudy
Il parroco si chiama Pierre, non c’è, ma una signora anziana, mi apre e mi fa entrare in questa casa parrocchiale grandissima, avrà un 400 mq. Mi da una stanza, che bello!, col letto matrimoniale, cosa che adoro. Il letto sembra quello di Napoleone Bonaparte, il cuscino è come un rotolo di salame, pesante. Mi faccio subito una doccia, sono dolorante completamente, lavo la roba, e dopodiché arriva Pierre, il parroco, si presenta e mi dice che per le 19.30 prepara la cena. Io approfitto del tempo che ho per pubblicare qualcosa nel blog. Il tempo è velocissimo e mi chiama per la cena. Sono arrivati anche una coppia italiana, Franco e Maria, lui cammina da casa sua, cioè dal Trentino Alto Adige, mentre la moglie l’ha raggiunta a Lourdes. Loro fanno molti km al giorno, nonostante avranno un 65 anni e la moglie porta un busto perché le si sono inclinate tre vertebre in una caduta nella sua casa. Io non condivido queste maratone, non ricevi nessun premio, e perdi tanti particolari.
Christian, Pierre, Maria e franco
Pierre parla spagnolo, per cui ci incontriamo subito in sintonia, e alle 20.30 guardiamo la partita Spagna – Olanda. Anche Pierre tifa la Spagna, per cui ci siamo trovati uniti nel tifo, e per grande gioia di tutti gli spagnoli, la Spagna vince per 1:0! Fantastico! È la prima volta che la Spagna vince un mondiale! ¡Enhorabuena amigos españoles! Si è fatto tardi, vorrei scrivere, ma ho mal di testa, quindi decido di andare a letto e di scrivere l’indomani mattina!
Un abbraccio a tutti quanti!
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