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Questo Blog è stato aperto inizialmente con l'idea di supporto al pellegrinaggio da Lourdes a Fatima a piedi. Dopo aver aperto il Blog, ho pensato che può essere un mezzo con il quale condividere nella web la mia vita, i miei pensieri.

Este Blog ha sido abierto inicialmente con la idea de apoyar el peregrinaje desde Lourdes hasta a Fatima a pie. Después de haber comenzado el Blog, he pensado que podría ser un medio con el cual compartir mi vida y mis pensamientos en la web .

I've opened this Blog with the idea to support the pilgrimage from Lourdes to Fatima on foot. After opening the Blog, I thought it could be a good medium for sharing my life and my thoughts.
Friday 6 August 2010

Ogni giorno non metto la sveglia, ma regolarmente, mi sveglio prima delle sette, oggi mi sono svegliato alle 06.15 circa, cerco di dormire ancora un po’ anche perché Géraldine serve la colazione allle 07.00. Alle 06.43, decido di alzarmi, e dopo un po’ arriva Géraldine e facciamo colazione. Oggi alle 08.30 c’è la messa al monastero di Santa Clara, e io voglio andarci. Nathanaël mi dice che vuol venire con me. Io, Quim e Nathanaël ci mettiamo in cammino, viene anche Géraldine, perché deve andare al paese, Io e Quim camminiamo rapidi, per arrivare al monastero, dobbiamo andare oltre il cammino, Quim dovrebbe quindi porseguire sulla destra, ma lo convinco ad ascoltare  la messa.

  Il Monastero di Santa Clara

Arriviamo in chiesa, ma Nathanaël non arriva. Qui ci sono le monache di clausura, infatti il sacerdote, celebra la messa  dietro una gratta. Ci sono dei bellissimi canti intonati dalle monache, l’atmosfera è molto intima, di pace, di grande serenità. Arriva il momento della comunione, il sacerdote dà la comunione prima alle monache, attraverso  una finestra. Io scatto alcune foto, però non voglio disturbare l’intimità che aleggia, e le scatto senza flash, utilizzando come base d’appoggio, per non farle uscire sfocate, il banco dove sono seduto.




Dopo la messa c’è l'esposizione al Santissimo, rimango in meditazione e poi esco, Quim è già fuori che mi aspetta. Fuori incontriamo delle signore anziane, anche loro hanno assistito alla celebrazione della messa, e mi chiedono se ho fatto delle foto al Santissimo, dico loro no, perché non volevo disturbare, e poi fotografare il Santissimo, mi sembra una mancanza di rispetto verso Gesù. Loro insistono, perché l’esposizione è molto particolare, si spengono tutte le luci della chiesa, e accendono delle candele che illuminano da tre angolazioni diverse il Santissimo. La scena è molto pittoresca, scatto alcune foto, ma senza flash, dovrei mettere il cavalletto, ma è complicato, ce l’ho dentro lo zaino, quindi faccio tre foto, ma non escono bene, e poi, mi da fastidio fotografare il Santissimo, lo considero un qualcosa di intimo, che non si può fotografare. Esco dalla chiesa, e con Quim ci rimettiamo in cammino e salutiamo le tre simpatiche signore. Il cammino è in salita, Quim ha il passo più lungo, e quando arriviamo in cima, gli dico di andare pure, ognuno nel cammino ha il proprio passo, e deve seguire il suo, a meno che non si sia una coppia, in quel caso, bisogna imparare a procedere con lo stesso passo, e camminare insieme.



Nella cima della salita, incontro anche Nathanaël, il ragazzo canadese del Quebec, lui ha deciso di fermarsi di più, vuole scrivere e leggere un po’.
Da qui si gode di un panorama incredibile, ci sono delle panche e una copertura che permette di ripararsi dal sole, ma oggi il cielo è grigio, e non c'è bisogno.



Nathanaël ha nello zaino  5, 6 libri, legge molto, scrive, e medita. È un ragazzo alto 2 metri, che fa sentire un po’ piccolo  chi gli sta vicino, in compenso è molto simpatico, anticonformista, non cammina con gli scarponi, anche se li ha nello zaino, dice che preferisce camminare con le giapponesine!
Quim è già partito, Nathanaël si ferma, e io decido di partire.

 La Ermita di San Nicola

Dopo alcuni km incontro la Ermita di San Nicola del XIII secolo, ristrutturata dalla Confraternita Italiana di San Jacopo con sede in Perugia.

 La Ermita di San Nicola

La ermita è priva di elettricità, gli Hospitaleros preparano una cena, per i pellegrini, prima però c’è la lavanda dei piedi, gli hospitaleros lavano i piedi ai pellegrini.



Dopo generalmente si va a letto e il giorno dopo preparano la colazione. Io arriva intorno alle dodici, la porta è aperta, entro e mi rendo conto di conoscere già l’ermita, perché c’ero stato cinque anni fa nel precedente pellegrinaggio. Ho un brutto ricordo: l’hospitalero dell’epoca aveva qualcosa di mancante, che lo accomunava a quelli che arrivano dall’associazione di Madrid.



Entro, e faccio delle foto, vedo una signora seduta, è l’hospitalera. La saluto in italiano con un buongiorno. Lei risponde freddamente. Io ignaro continuo a fotografare, perché l’ermita merita di essere conosciuta anche da chi semplicemente mi segue sul blog perché non può essere lì. Vorrei un caffè per parlare un po’ per capire il motivo di questa freddezza di questa indifferenza alle persone. Non posso accettare. Lei è restia, poi cede. Ci presentiamo e gli dico di essere giá stato lì. Lei mi dice che non è semplice una esistenza così, anzi un lavoro così. È da quindici anni che fa la hospitalera e non è facile fare questo mestiere. Poi per caso esco con suo marito a fare una chiacchierata dopo la cena che, gentilmente e su insistenza, accetto che mi venga offerta. Mi siedo vicino all’altare, il pranzo non è ancora iniziato. Nell’altare c’è l’immagine di San Giacomo, della Madonna, e di San Nicola. In questa ermita mi sento di casa, primo perché è per i pellegrini, perché è italiana, perché ho dormito qui cinque anni fa, nel 2005 durante il mio anteriore pellegrinaggio da Lourdes a Fatima, e poi, ci penso, perché io sono nato il giorno di San Nicola, l’ermita è di San Nicolau! Inoltre, nel 2004 andai a Perugia, presso la Confraternita Italiana di San Jacopo, dove conobbi a Davide Gandini, che ha scritto un libro molto bello, che consiglio, si chiama “Il Portico della Gloria” e pala di un suo viaggio da Lourdes a Santiago, mi pare fatto nel 1999. Davide ispirò il mio pellegrinaggio da Lourdes, io aggiunsi Fatima, volevo qualcosa in più. In quello stesso giorno, capitai per caso, nel tavolo con Luciano Callegari, che cura con grande devozione e amore, il sito www.pellegrinando.it, che è un punto di riferimento per chi si vuole mettere in cammino. Luciano mi ha ispirato a fare questo blog e ha contribuito pubblicando il mio annuncio, “grazie di cuore Luciano, da parte mia e da parte di coloro che usufruiscono di questo log”. Tutto ciò quindi, ha un grande significato, e rende la mia permanenza nell’ermita di San Nicolau, molto familiare



Finisco la meditazione, faccio alcuni gradini per condividere il pranzo, dico a Paola che mi sento a casa, anche perché io sono nato il giorno di San Nicola.



Paola mi chiede, quando fossi nato, io gli rispondo il 6 dicembre, e le chiedo se sapeva quando fosse la festa di San Nicola. Lei mi dice che lo sapeva, ma che voleva vedere se avessi detto la verità. Io ci rimango male, non so perché avrei dovuto mentire. Medito e rifletto su queste poche parole di Paola.
Chi mente generalmente pensa che tutto il mondo menta, e mi fa meditare ancora sull’accoglienza del pellegrino. Quando si accoglie qualcuno, non deve interessarci chi è, si accoglie e basta, altrimenti entra il giudizio. Noi non siamo chiamati a giudicare, ognuno di noi è chiamato ad amare. Inizia il pranzo, si mangia un ottimo piatto di spaghetti con un sugo speciale, una fettina di carne, e i “pimentos de Padrón”, (tipici della Galizia, un è piccante e un’altro no), non manca ovviamente il vino! Finisce il pranzo, ci si saluta, e ringrazio ovviamente Paola, per l’invito.
Esco fuori e saluto Claudio, il marito, e gli chiedo, cos’è per lui fare lo Hospitaleros. Lui ci pensa, e mi dice è un servizio. Io lo guardo, penso, e gli dico, no, non è un servizio, non è un’impresa, le imprese scrivono “siamo al vostro servizio”. Fare l’hospitalero, gli ribadisco, e in quel momento capisco tante cose anch’io, è una missione! Claudio mi guarda, e io quindi cerco un esempio, si, ci sono, Santa Teresa di Calcutta, si, lei faceva le cose come una missione, non chiedeva se era cattolico per esempio, curava tutti! Claudio mi guarda, e dice, cose grosse, e fa un sorrisetto, come se non sapesse rispondere a questo mio esempio. Io quindi incalzo, e gli dico, che il lavoro per esempio, di Santa Teresa di Calcutta, non è per il suo compiacimento personale, è un esempio per il mondo intero, e se noi guardassimo certe persone traendone insegnamento, glorificheremmo la loro vita.



La loro vita non deve essere inutile, deve essere imitata, loro, i santi, imitano Cristo, Gesù, noi dobbiamo fare lo stesso. In questo momento ho capito la differenza tra hospitaleros, chi riesce a dare amore e non freddezza, sono color che lo fanno come una missione, e non come un servizio.
Quindi qui mi rivolgo a tutti gli hospitaleros, a te Paola, non vuol dire che se fai l’hospitalera da 15 anni, e hai esperienza, sei perfetta. No, non si sta trasmettendo amore per il semplice motivo, che si  sta facendo un servizio. Con ciò non voglio dire che il tuo lavoro non va bene, ma  deve essere svolto più amorevolmente come se fosse una missione.



Il cammino continua, e dopo un po’ arrivo a Fromista. Sono contento, mi sistemo, lavo la roba, compro un po’ di roba da mangiare, ceno e rimango a scrivere qualcosa fino alle 02.00.

 Fromista

Un abbraccio a tutti, Christian.

 Fromista

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