Friday, 9 July 2010
16:16 | Posted by
Christian
Il giorno dopo l’esame, sono rientrato a Valladolid, una città, vecchia capitale della Castiglia, dove una coppia di due miei colleghi e miei amici, Felix e Patricia, mi hanno ospitato per preparare l’ultimo esame. Il giorno 2 di luglio, Felix e Patricia mi hanno voluto invitare a cena, in un ristorante speciale Gallego, per festeggiare la fine dei miei studi. È stata una bella cena, che ho apprezzato tantissimo. Con Felix e Patricia ho diviso tantissime serate dei miei primi due anni a Salamanca, loro erano avanti a me di tre anni con gli studi. Durante la cena, buffamente hanno avuto un diverbio, quindi parlando gli facevo vedere alcuni particolari della loro discussione, poi gli ho detto, guardate che sono psicologo da appena 30 ore, non vorrete già farmi lavorare! Ci siamo messi a ridere, e abbiamo continuato la nostra cena a base di pimientos de padrón, frutti di mare, polpo alla gallega, il tutto accompagnato da un ottimo Albariño bianco, vino tipico della Galicia.
Il giorno 3 di luglio, Felix ha voluto portarmi a visitare un castello a 40 minuti d’auto da Valladolid. Ero io, Felix, Patricia e David, il fratello mediano di Patricia.
In alto, Christian, il paese medievale, Felix e infine Patricia
Al rientro, ci siamo fermati in una chiesa, dove all’interno vi era la statua di San Giacomo, con il suo vestito da pellegrino e la conchiglia, segno distintivo del pellegrino che si reca a Santiago de Compostela. C'era anche una immagine di San Giovanni Battista che battezza Gesù con una conchiglia nel fiume Giordano. Troviamo all’interno della chiesa, un giovane che è archeologo e che volontariamente si offre per raccontarci la storia della chiesa, le sue origini.
L'ossario
L'archeologo ci porta anche a vedere un ossario, per fare posto nel cimitero, hanno preso tutti i resti e accatastati in ordine alle pareti in una stanza esterna alla chiesa, che da a un giardino incolto. L’archeologo ce li mostra, io nel mentre rimango allibito da quanti teschi e ossa c’erano. Credo fossero esseri umani prima, chissà cosa facevano, il loro rango, non so, adesso erano tutti uguali, lí buttati e accatastati come si accatasta la legna. Guardando i teschi sembrava che soffrissero schiacciati da altre ossa, forse dalla morte stessa. In un angolo della stanza, vi ne erano altri, questi però rovesciati, si vedeva la parte di sotto del teschio. Erano tanti, non sono, 15 o di più, in uno spazio così piccolo, così tante teste. Non posso che pensare che erano stato persone, e adesso sono morte.
Teschi rovesciati
Anche a me capiterà di morire, di diventare così. In quel momento il mio pensiero è andato alla vita. La morte è il destino, è ciò che accomuna tutti gli uomini. E tutto questo rafforza il mio pensiero iniziale: non abbiamo proprio niente da perdere nella vita, se non la vita stessa. Quando parlo di perdere la vita, non intendo morendo nel senso fisico del termine. Si muore non vivendo la vita stessa. La morte, a livello metaforico, dovrebbe avvenire ogni giorno, muoio per rinascere a nuova vita. Noi siamo sempre stati nel pensiero di Dio, nel libro della vita, e non potremmo mai morire, noi siamo immortali. Ma nella terra esiste la morte, la morte è il cadere e non rialzarsi. Quando Gesú fa il miracolo del paralitico, gli dice, “Prendi il tuo lettino, alzati e cammina”, vuol dire, prendi la tua vita, alzati, cammina. Ê quello che dobbiamo fare noi, ogni giorno, non nelle grandi, ma partendo dalle piccole. La nostra vita si costruisce partendo dal basso, da ciò che è minuscolo. Un cammino di 1800 km, non si fa in un’ora, è fatto di piccoli passi, tanti piccoli passi, che ci portano alla meta. Sarebbe un errore vedere il cammino come un tutt’uno, e non nei suoi particolari, perché sono quelle piccole vittorie, quelle piccole battaglie, che ci fanno vincere la vita, la guerra contro il male. Fino adesso non è stato affrontato questo problema, ma vi è una guerra tra male e bene.
(24) Nessuno può servire due padroni, perché odierà l’uno e amerà l’altro, Oppure sarà fedele all’uno e disprezzerà l’altro, voi non potete servire Dio e mammona.
Matteo: 6
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